Articoli anno 2014
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Convivenza e diritti patrimoniali
La convivenza more uxorio è idonea a generare obbligazioni naturali.No alla restituzione di quanto 'dato'.
La cosiddetta convivenza more uxorio (ossia: equiparabile nei fatti a quella matrimoniale), benchè non disciplinata in via normativa, si sta sempre più affermando come istituto di natura giurisprudenziale grazie agli interventi della Suprema Corte. Con sentenza resa dalla prima sezione civile, numero 1277 del 22.1.2014, la Corte di Cassazione ha stabilito che la convivenza more uxorio - essendo basata su doveri morali e materali che i conviventi assumono mediante la scelta di convevere - è idonea a generare obbligazioni naturali. Il concetto di obbligazione naturale, ben noto, consiste in una forma, per così dire, minore di diritto. Sostanzialmente, l'obbligazione naturale non viene tutelata appieno dall'ordinamento in quanto il titolare del relativo diritto non dispone della possibilità di far valere la propria pretesa in giudizio. Tuttavia, quando l'obbligazione naturale viene spontaneamente adempiuta, chi ha - appunto - adempiuto, non può chiedere al beneficiario della prestazione la restituzione della stessa. Come si vede, dunque, trattasi di caso del tutto diverso rispetto alle obbligazioni 'nulle'. In caso di nullità, infatti, chi ha eseguito la prestazione ha il diritto di ottenere in giudizio la restituzione della stessa, in quanto eseguita senza alcun valido diritto sottostante. Nel caso dell'obbligazione naturale, invece, il diritto sottostante viene considerato valido anche se imperfetto, e quindi chi ha adempiuto non può pretendere la restituzione.
Ecco dunque il caso esaminato dalla Corte.
Si trattava di valutare la richiesta di rendiconto avanzata da uno degli ex conviventi, il quale aveva versato all'altro convivente, in più occasioni durante la convivenza stessa, somme di denaro a svariato titolo.
La disciplina della convivenza more uxorio è stata individuata nel generale principio costituzionale di tutela delle libere associazioni di persone (art. 2 Cost.). Ritenendo che nella forma 'associativa' della convivenza, gli pseudo-coniugi assumono reciproci 'doveri materiali e morali', ne emerge che quanto gli stessi vicendevolmente si 'offrono' in pendenza della convivenza non possa e non debba venir restituito.
Il principio espresso dalla Corte è dunque il seguente: 'eventuali contribuzioni di un convivente all'altro vanno intese, invero, come adempimenti che la coscienza sociale ritiene doverosi nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo che non può non implicare, pur senza la cogenza giuridica di cui all'art. 143, comma 2, Cc, forme di collaborazione, e di assistenza morale e materiale'.
Pertanto, è stato escluso il diritto del 'prestatore' ad ottenere il rendiconto delle somme versate all'ex convivente. Avvocato Enrico Candiani |