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Ancora danno esistenziale ?



Redivivo il danno esistenziale: la Cassazione, in parte, ci ripensa


Con la sentenza del 30 Giugno 2011 n. 14402, la Corte di Cassazione, Sez. III, ha stabilito che ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale deve essere (ri)preso in considerazione anche il c.d. danno esistenziale ovvero “il pregiudizio del fare aredittuale del soggetto determinante una modifica peggiorativa della personalità cui consegue lo sconvolgimento delle abitudini di vita e l’alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della comune vita di relazione”.

Per giungere a tale siffatta conclusione, per molti versi rivoluzionaria, la Corte ha innanzitutto ribadito che il principio di integralità del risarcimento del danno impone che tutti gli aspetti di cui si compendia la categoria generale del danno non patrimoniale devono essere dotati di ristoro, ovviamente sempre che nel caso concreto ne risulti accertata la sussistenza. Ciò premesso, la Corte ha altresì chiarito che sono le c.d. tabelle milanesi a dover essere assunte quale criterio generale di valutazione per il ristoro del danno, recando i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa e ad evitare così ingiustificate disparità di trattamento in violazione del principio di uguaglianza costituzionalmente tutelato.
Le tabelle milanesi (ossia quelle elaborate sulla base delle liquidazioni effettuate dal Tribunale Ambrosiano) devono quindi necessariamente prendersi a riferimento per la liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella liquidazione di ammontare inferiore cui il giudice di merito possa essere pervenuto nel caso concreto. Incongrua è a tale stregua la motivazione che non dia conto delle motivazioni della preferenza assegnata ad una liquidazione che risulti sproporzionata rispetto a quella cui si perviene mediante l’applicazione dei parametri stabiliti dalle tabelle milanesi.
Orbene nella valutazione del danno in tal maniera operata, la Suprema Corte ha rinnovato la necessità di riscontrare anche il c.d. danno esistenziale, sicchè è d’obbligo per il giudicante verificare se i parametri recati dalle tabelle milanesi tengano conto del “cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell’esistenza”, dovendosi in caso contrario procedere alla c.d. personalizzazione.

La pronuncia della Corte sembra azzerare il quadro creato dalle precedenti e famosissime sentenze gemelle del 2008 le quali, nell’ottica di porre un limite alle richieste risarcitorie avanzate in molti casi strumentalmente dai danneggiati, aveva sostenuto l’unicità della categoria del danno non patrimoniale dalla quale doveva escludersi la voce del danno esistenziale.
In realtà la riconsiderazione di tale voce di danno non è in contrasto con la ratio di quelle pronunce in quanto l’esigenza di garantire la piena e completa liquidazione dei diversi aspetti negativi scaturenti dal fatto illecito - compreso se è il caso il danno esistenziale - non equivale a dare ingresso alle c.d. duplicazioni risarcitorie che si realizzano solo laddove la medesima voce di danno venga computata più volte sulla base di diverse formali denominazioni.
La direzione intrapresa dalla Corte insomma è quella di una minore coerenza dogmatica a fronte di una maggiore adeguatezza al caso concreto.

Dott. Marco Reguzzoni


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