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Casalinga e danno ad eredi
Il Tribunale di Milano ha riconosciuto agli eredi di una signora casalinga il danno da mancato apporto in futuro dell'attività domestica della defunta.
Tribunale di Milano, sentenza 16 febbraio 2016.
Fra le questioni più dibattute in diritto, in materia di risarcimento del danno extracontrattuale, vi è la spettanza o meno del danno conseguente al mancato apporto, per il futuro, dell'attività di lavori domestici.
Le problematiche attengono:
- i criteri di determinazione del reddito da porre a base del calcolo del danno
- l'eventuale (o meno) incidenza della perdita della persona in termini di quantificazione del danno per lavori domestici futuri
Il lavoro casalingo consiste nell' attività svolta nell'ambito della famiglia, ivi comprese tutte le attività domestiche e quindi di cura e di pulizia della casa. Usualmente ci si imbatte in una donna, anche se ciò, naturalmente, è un mero dato fattuale e non certo giuridico.
Non si dubita più, ormai, della natura lavorativa dell'attività svolta dalla casalinga a differenza del passato quando tale dubbio veniva da taluno sostenuto in base la circostanza che la sua attività non fosse produttiva di alcun reddito (lettura meramente reddituale delle attività economiche).
La mutata visione sociale di dette attività comporta invece, come scrive il giudice estensore della sentenza, che 'indubbiamente può riconoscersi [la risarcibilità di] tale pregiudizio'.
Una volta ammessa la risarcibilità del danno patrimoniale conseguente alla lesione patita dalla casalinga, si pone un problema di individuazione del criterio utile al fine della sua liquidazione.
Il tribunale di Milano ha individuato come parametro di riferimento il reddito percepito da una collaboratrice familiare, il che appare sicuramente un criterio fondato sul buon senso comune. Peraltro, a tale criterio può e deve integrarsi una anche significativa maggiorazione, in quanto la casalinga svolge mansioni benpiù ampie di una semplice colf.
Nel caso di specie il giudice ha liquidato a titolo di danno la somma di euro 50.000 sulla base delle seguenti considerazioni:
- il pregiudizio subito dai conviventi della casalinga va considerato limitato nel tempo, specie con riferimento ai figli, destinati prima o poi ad abbandonare la casa materna
- la voce di danno non deve venir confusa con un prezzo atto a 'colmare il vuoto incolmabile lasciato da una madre e da una moglie”, in quanto tale danno viene liquidato ad altro titolo (danno non patrimoniale).
Avvocato Enrico Candiani
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